giovedì 26 settembre 2013

LA “LEGGE PERKOVIĆ” COMPROMETTE I RAPPORTI TRA UE E CROAZIA?

Di Marina Szikora [*]
La Croazia, il neo stato membro dell´Ue, è diventata tema di discussione per il caso della cosiddetta “Legge Perković”. La questione non cessa di essere un caldo tema nel paese e motivo di forti attacchi da parte dell’opposizione contro il governo del leader socialdemocratico Zoran Milanović. Dopo gli avvertimenti la Commissione europea ha deciso di avviare il procedimento contro la Croazia previsto dall’articolo 39 dell’Accordo di adesione all’Unione. La contestata “legge Perković” approvata solo tre giorni prima dell’ingresso della Croazia nell’UE, secondo Bruxelles rappresenta la violazione delle norme sul mandato di cattura europeo. Con questa legge, l’applicazione del mandato di cattura è stata limitata ai reati commessi dopo l’agosto del 2002.

L’articolo 39 dell'accordo di adesione, che adesso si vuole attivare nel caso della Croazia, prevede le consultazioni con gli Stati membri. Essi pero’ non sono obbligati a dare l’approvazione per le misure di tutela. Dopo un termine di dieci giorni di consultazioni, verranno decise le sanzioni che secondo fonti ufficiose consisterebbero molto probabilmente nel congelamento dei fondi previsti per i preparativi per l’entrata nella zona Schengen oppure l’applicazione del meccanismo di monitoring post-adesione. A sollecitare provvedimenti contro il paese è la vicepresidente della Commissione e commissario alla giustizia, Viviane Reding che si è detta fortemente delusa per la posizione croata in merito alla questione e ha insistito fermamente affinché la legge sia modificata in base all’aquis communitarie e applicata al piu’ presto possibile. Come spiegato dalla sua portavoce Mina Andreeva, la Commissione e’ stata molto chiara nel chiedere “cambiamenti veloci senza condizioni della legge croata al fine da adeguarla al mandato di cattura europeo”.

La normativa in questione e’ stata colloquialmente denominata “Legge Perković” perché con essa si rende impossibile l’estradizione di Josip Perković, un ex agente speciale di Tito, ricercato dalla Germania per l’omicidio del dissidente croato Stjepan Đureković avvenuto nel 1983. Infatti, Berlino aveva spiccato un mandato di cattura internazionale nei confronti di Perković gia’ nel 2005. Il presidente del governo croato Zoran Milanović ha chiesto pero’ l’opinione pubblica di avere ancora un po’ di pazienza e di credere nel governo. Ha detto che qui non si tratta di nessun gioco d’azzardo e che non sono messi a repentaglio gli interessi nazionali come invece scrivono i media e come viene denunciato da parte dell’opposizione. Il premier Milanović ha sottolineato che in consultazioni con i partner, gli Stati membri e con la Commissione europea si prendera’ una buona decisione per la Croazia: “le cose bisogna comprenderle seriamente, ma non si tratta di nessuna grande battaglia” ha detto Milanović. Anche la prima vicepresidente del governo e ministro degli esteri e affari europei Vesna Pusić ha rilevato che il problema collegato all’attuazione del mandato di cattura europeo sara’ risolto in tempo e senza conseguenze negative.

Mandando un ‘non paper’ a Bruxelles, il governo croato rigetta le “molto pericolose e aperte accuse” secondo le quali la Croazia proteggerebbe gli assassini dell’epoca comunista. Il governo precisa che proprio a fin di portare i criminali davanti alla giustizia, la Croazia vuole abolire lo statuto di limitazione degli assassinii politici il che si puo’ attuare soltanto con le modifiche alla Costituzione. Ed e’ questa la ragione, si afferma nella lettera del governo croato, perche’ la data proposta dell’entrata in vigore della modificata legislazione sia il 15 luglio 2014. Il governo croato implora inoltre il comportamento verso la Croazia e afferma che non ci sono ragioni per sanzioni poiche’ e’ intenzionato ad adempiere tutti gli obblighi relativi al mandato di cattura europeo. Si aspettava che il problema sia risolto attraverso raccomandazioni e suggestioni da parte della Commissione e non con misure che finora nono sono mai state utilizzate nei confronti di uno Stato membro.

E’ chiaro che tra gli Stati membri dell’Ue la piu’ critica e’ la Germania. Lo testimoniano i diversi articoli sulla stampa tedesca e le dichiarazioni dei singoli politici. Cosi’ il presidente della commissione per gli affari europei al Budestag, Guenther Krichbaum ha dichiarato per il qutodiano croato “Večernji list” che la Germania dopo il cambiamento della legge sull’estradizione “si sente presa in giro”e ha rilevato che il voto del Parlamento tedesco sulla ratifica del Trattato di adesione della Croazia all’Ue avrebbe avuto un altro esito se l’emendamento alla legge in questione Zagabria lo avesse effettuato prima del voto dell’assemblea tedesca.

Aggiornamento
La Croazia ha raggiunto un compromesso con la Commissione europea secondo il quale la modificata legge sul mandato di cattura europeo entrerebbe in vigore entro il 1 gennaio 2014. Con questo sono state evitate le sanzioni alla Croazia previste per la violazione dell'aquis communitaire europeo. La notizia e' stata difusa a seguito dell'incontro che si e' svolto mercoledi' a Bruxelles tra il ministro della giustizia croato Orsat Miljenić e la vicepresidente della Commissione europea incaricata per la giustizia Viviane Reding. La Croazia eliminera' quindi il tempo limite che ostacolava l'attuazione del mandato di cattuara europeo per i crimini commessi prima del 7 agosto 2002. Come affermato da Viviane Reding, la Commissione europea saluta i passi che la Croazia ha intrapreso a fin di garantire che tutti i criminali siano portati davanti alla giustizia e che siano trattati secondo il sistema del mandato di cattura europeo indipendentemente dalla data quando i crimini sono stati commessi.

[*] Il testo è tratto dalla trascrizione della corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 26 settembre 2013 a Radio Radicale.

LA TERZA EDIZIONE DEL BELGRADE SECURITY FORUM

La settimana scorsa si è tenuta la terza edizione del Belgrade Security Forum organizzato dal Belgrade Fund for Politically Excellence, dal Movimento europeo in Serbia e dal Centro di Belgrado per la politica di sicurezza. Al centro del confronto questioni attuali e di sicurezza internazionale, la politica estera e l'economia, le relazioni internazionali, l'integrazione europea, ma anche l’influenza delle relazioni tra Belgrado e Priština sulla stabilità dei Balcani, il processo di riconciliazione internazionale, eccetera.

Di Marina Szikora
La presidente del Fondo per l’eccellenza politica, Sonja Licht ha osservato che per la regione dei Balcani Occidentali il piu’ importante e’ di portare a compimento il sogno dell’adesione all’Ue e di superare tutti gli ostacoli che ci sono su questo cammino. Secondo le sue parole, i Balcani vogliono essere sulla mappa delle vicende mondiali. “Siamo consapevoli della nostra dimensione e vogliamo essere una parte della soluzione e non un problema” ha detto Sonja Licht. Uno dei partecipanti e’ stato anche il ministro degli esteri slovacco Miroslav Lajčak il quale ha rilevato che per i paesi dei Balcani Occidentali, sulla via verso l’Ue, di importanza cruciale e’ dimostrare la volonta’ politica e fermezza a risolvere i problemi come lo ha fatto la Serbia. Dall’altra parte, ha detto Lajčak, a Skopje e a Sarajevo non vi e’ volonta’ politica per risolvere i problemi, in Macedonia quello relativo al nome, in BiH quello che riguarda la questione „Sejdić-Finci” ovvero la modifica della Costituzione. Per quanto riguarda l’allargamento, Lajčak ha detto che i tempi di “romanticismo” relativi all’allargamento dell’Ue sono finiti e adesso tutti parlano della crisi e c’e’ meno attenzione ed entusiasmo verso i Balcani Occidentali. Dopo aver definito “terribile” la vicenda dell’uccisione del rappresentante dell’Eulex al nord del Kosovo, il capo della diplomazia slovacca ha avvertito che tali azioni non sono tollerabili. La proposta sulla normalizzazione delle relazioni tra Belgrado e Priština, secondo la sua opinione, e’ arrivata troppo presto e nessuna questione deve avere una posizione privilegiata rispetto ad altre durante i negoziati di adesione. Si tratta infatti della proposta che sarebbe stata promossa in questi giorni da parte della Germania e Gran Bretagna secondo la quale il capitol 35 sul Kosovo si aprirebbe subito all’inizio dei negoziati di adesione con la Serbia. Cosi’, osserva Lajčak, si ha l’impressione che questa proposta e’ molto piu’ importante delle indispensabili riforme che la Serbia deve intraprendere.

Ai margini della conferenza, il capo della delegazione Ue in Serbia, Michael Devenport si e’ detto ottimista quanto si tratta dell’inizio dei negoziati di adesione della Serbia con l’Ue ma che e’ ancora troppo presto per valutare come sara’ la cornice di negoziati dell’Ue. La posizione tedesca resta tra le piu’ ferma. La piena attuazione dell’accordo di Bruxelles fino al 20 dicembre e’ la condizione della Germania per la decisione di aprire i negoziati della Serbia con l’Ue. Preoccupano i problem relativi alla garanzia della liberta’ di circolazione e piena integrazione della polizia e giustizia nel sistema kosovaro, ha detto Ernst Reichel, inviato speciale del ministero degli esteri tedesco incaricato per i Balcani Occidentali. In un colloquio informale con alcuni giornalisti serbi, scrive il quotidiano serbo ‘Blic’, Reichel ha ripetuto che la questione del Kosovo e della piena normalizzazione delle relazioni tra Belgrado e Priština sono la condizione politica principale ma ha assicurato anche che non ci sono nuovi condizionamenti tedeschi. Il rappresentante tedesco, gia’ ambasciatore tedesco a Priština, ha incontrato a Belgrado i piu’ importanti politici in Serbia. Anche se gli e’ stato garantito che Belgrado e’ pronta a soddisfare l’intero Accordo di Bruxelles, secondo la sua opinione a causa dei lenti cambiamenti sul terreno, la Serbia rischia la ripetizione di pressioni per risolvere i problemi in questione.

La Serbia e’ pronta per i negoziati di adesione con l’Ue e un suo posto nel cleb europeo non sarebbe un dono bensi’ il risultato del processo di riforme, ha valutato invece l’ex ministro degli esteri italiano Franco Frattini il quale ha altrettanto partecipato al Forum di sicurezza di Belgrado. In una intervista all’agenzia di stampa serba Tanjug, Frattini ha ribadito che i leader serbi hanno raggiunto un accordo storico con Priština, intrapreso un risico politico firmando l’accordo di Bruxelles e adesso questo accordo lo stanno attualizzando con il Kosovo. Secondo Frattini questo e’ un segno della devozione politica. In ricambio, sottolinea Frattini, la Serbia dovrebbe aspettarsi, giustamente, risultati positivi. In questo senso, ha spiegato, bisogna condurre le riforme, soddisfare le richieste ma anche l’Europa, deve fare qualcosa di visibile e palpabile per l’opinione pubblica. Frattini ha ricordato, che mentre era commissario europeo incaricato per la politica dei visti, in Serbia e’ stato introdotto il regime senza visti e questo, secondo lui, e’ stato forse il piu’ palpabile messaggio che l’Europa e’ vicina alla Serbia ed i serbi hanno compreso che e’ altrettanto nel loro interesse l’avvicinamento all’Europa. L’ex ministro degli esteri italiano ha valutato che il processo dell’unificazione europea non sara’ compiuto finche’ tutti i paesi dei Balcani Occidentali non diventeranno membri a pieno titolo dell’Ue. Parlando delle prospettive europee dei Balcani Occidentali, Frattini ha osservato che a causa di difficili momenti in questi tempi di crisi e della stanchezza sull’allargamento, alcuni paesi del blocco europeo ritengono sia arrivato il tempo di pausa. “Penso che questo sarebbe un errore. L’allargamento e l’adesione non sono un dono ai paesi… bensi’ il risultato del processo di riforme” ha concluso Frattini.

Il testo è tratto dalla trascrizione della corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 26 settembre 2013 a Radio Radicale.

PASSAGGIO IN ONDA

E' on-line la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 26 settembre.
La trasmissione e' ascoltabile direttamente qui oppure sul sito di Radio Radicale.



Sommario della trasmissione

Albania: esordio del nuovo governo all'Assemblea generale dell'Onu; a margine dei lavori il ministro degli Esteri Ditmir Bushani incontra la sua collega italiana Emma Bonino; "L'Albania ce la può fare", lo scrivono i rappresentanti diplomatici di Ue e Usa a Tirana in un editoriale ripreso da tutti i giornali albanesi.

Croazia: l'Unione Europea ha aperto una procedura di infrazione contro Zagabria per le norme che regolano il mandato di cattura, ad un passo dalla rottura in extremis Zagabria corre ai ripari, ma Bruxelles chiuderà la pratica solo quando le autorità croate avranno compiuti tutti i passi formali richiesti. 

Unione Europea: per porre un freno alle troppe richieste di asilo "sospette" il Parlamento europeo ha approvato la possibilità per i Paesi membri di reintrodurre provvisoriamente il sistemi dei visti per i Paesi dei Balcani occidentali. 

Turchia: per le autorità di Ankara la prospettiva di adesione all'Unione Europea resta strategica, ma per la prima volta ammettono che essa si sta concretamente allontanando. 

Grecia: nuove proteste di piazza contro le riforme economiche imposte dalla "troika", ma anche contro il partito neonazista Alba Dorata dopo l'assassinio di un musicista antifascista. 

Balcani: a Belgrado il "Forum sulla sicurezza".

La registrazione integrale della trasmissione, realizzata con la collaborazione dei corrispondenti Marina Szikora e Artur Nura, è disponibile, insieme a tutte quelle precedenti, sul sito di Radio Radicale, oppure è ascoltabile direttamente qui



giovedì 19 settembre 2013

PASSAGGIO IN ONDA

E' on-line la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 19 settembre.
La trasmissione e' ascoltabile direttamente qui oppure sul sito di Radio Radicale.



Sommario della trasmissione

Nella prima parte aggiornamenti su alcuni dei principali avvenimenti dell'Europa sud orientale con le corrispondenze di Artur Nura e Marina Szikora.

Nella seconda parte un'ampia sintesi dell'intervista realizzata nello scorso luglio con il professor Antonello Biagini, ordinario di Storia dell'Europa orientale all'Università "La Sapienza" di Roma, sulla situazione politica in Turchia dalle proteste di piazza per Gezi Park, ai rischi di involuzione autoritaria, alle prospettive di integrazione europea.

Qui di seguito la registrazione integrale della trasmissione



giovedì 12 settembre 2013

KOSOVO: NUOVO POSITIVO INCONTRO TRA DAČIĆ E THAČI A BRUXELLES

di Marina Szikora
Domenica sera [8 settembre, n.d.r.], a Bruxelles, nel corso del sedicesimo incontro tra il premier serbo Ivica Dačić e quello kosovaro Hashim Thaqi, con la mediazione dell’Alto rappresentante dell’UE per la politica estera e di sicurezza, Cathrine Ashton e’ stato compiuto un grande passo in avanti sia per quanto riguarda le integrazioni europee che per quanto riguarda il dialogo tra Belgrado e Priština. Cosi’ almeno ha dichiarato il premier serbo Ivica Dačić alla fine della riunione a Bruxelles. Con questo, ha rilevato il premier serbo, la Serbia ha soddisfatto tutti i suoi obblighi e non c’e’ piu’ nulla che possa ostacolare l’inizio dei negoziati di adesione all’Ue a gennaio o persino prima. Per quanto rigurada le elezioni locali in Kosovo, Dačić ha detto che e’ stato concordato che i serbi avranno i loro rappresentanti ai seggi elettorali e che i serbi saranno registrati nelle liste elettorali. Per quanto rigurada il nome della lista unica serba, Dačić ha detto che questo e’ meno importante rispetto al fatto che le elezioni devono essere ben organizzate e che il numero dei serbi che si recheranno al voto sia il piu’ alto possibile. Infatti, la questione relativa al nome della lista unica sostenuta dai partiti al governo in Serbia ovvero “Iniziativa Civica Serbia” non piace a Priština poiche’ la dicitura “Serbia” per Priština evoca ingerenze esterne e quindi si sta’ discutendo su un nome alternativo. I colloqui a tal proposito proseguiranno nei prossimi giorni, anche alla presenza dei rappresentanti dell’OSCE.

La notizia e’ che e’ stato raggiunto un accordo su elettricita’ e telecomunicazioni. Il Kosovo avra’ un prefisso internazionale autonomo distinto da quello serbo, ma quanto alle spiegazioni del premier serbo, cio’ non avra’ conseguenze negative per i serbi del Nord Kosovo i quali potranno continuare ad utilizzare le compagnie telefoniche serbe, ovvero chiamare la Serbia senza pagare la chiamata internazionale. Per quanto riguarda l’elettricita’, Priština voleva rendersi completamente autonoma nell’approvigionamento rispetto a Belgrado da cui passano tutte le reti con frequenti black-out. Anche qui, Dačić ha precisato che la Serbia continuera’ ad alimentare le zone abitate dai serbi. Va precisato che il prossimo 3 novembre saranno eletti i rappresentanti delle Associazioni delle Municipalita’ e l’intenzione e’ che essi siano legittimati nelle loro scelte sia da parte di Priština che da Belgrado e da parte degli stessi serbi del Nord Kosovo. In questo modo, in quanto rappresentanti legittimi dei serbi in Kosovo, essi potranno svolgere appieno il ruolo che e’ stato assegnato loro dall’accordo raggiunto lo scorso 19 aprile. Soprattutto per quanto riguarda la sicurezza, vale a dire che il capo della polizia del nord Kosovo dovra’ essere nominato su proposta dell’Associazione, lo stesso per quanto riguarda il settore giustizia. Ovviamente, le discussioni sono tante e procedono e per quanto riguarda le elezioni, un boicotaggio da parte dei serbi deve essere evitato a tutti i costi poiche’comprometterebe l’attuazionne dell’accordo e questo inevitabilmente avrebbe conseguenze per quanto riguarda il cammino europeao della Serbia ma anche per quanto riguarda il Kosovo e l’obiettivo di una eventuale firma dell’Accordo di Associazione in primavera.

Lunedi’pero’, secondo il quotidiano di Belgrado ‘Blic’, incontrando alcuni ambasciatori europei, nella parte della riunione chiusa al pubblico, il presidente della Serbia Tomislav Niković avrebbe detto che le relazioni con il Kosovo si stanno ordinando in base all’accordo raggiunto a Bruxelles ma la Serbia non firmera’ mai un accord interstatale con il Kosovo. Nikolić ha ribadito che la Serbia si impegna per il rispetto della giustizia e dei principi internazionali che valgono per tutti gli stati membri dell’Onu. Ha avvertito che il non rispetto di questi principi porta all’anarchia. La Serbia non ha fretta per quanto riguarda la data dell’inizio dei negoziati con l’Ue ma cerca di ordinare lo stato in base agli standard europei, in modo tale da non firmare qualcosa che possa essere a danno dei suoi interessi, ha spiegato il presidente della Serbia.

Il testo è tratto dalla trascrizione della corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 12 settembre 2013 a Radio Radicale.


LA PRIMA VISITA DEL PRESIDENTE CROATO JOSIPOVIĆ IN KOSOVO

Di Marina Szikora
La settimana scorsa, nell’ambito di un piccolo tour nei Balcani del presidente croato Ivo Josipović, in cui ha visitato il Montenegro e poi la Macedonia, la tappa conclusive è stata la sua prima visita ufficiale in Kosovo. Durante il suo incontro con la presidente kosovara Ahtifete Jahjaga si e’ parlato tra l’altro delle minoranze dei due popoli nei rispettivi paesi. I croati in Kosovo dovrebbero diventare comunita’ costituzionale a cui sarebbe garantita la rappresentanza in parlamento, ha annunciato la presidente kosovara. Per il presidente Josipović le minoranze sono una collegamento importante per i due paesi. Josipović ha ricordato che problemi ci sono stati e che molti hanno lasciato le loro case ma ha espresso anche piacere perche’ la comunita’ croata in Kosovo sta ottenendo nuove possibilita’ di affirmarsi e che quelli che lo desiderano possono tornare in questo paese. Anche gli albanesi del Kosovo, ha rilevato il presidente croato, hanno dato un contributo notevole alla Croazia in tutti i settori, sin dai tempi dell’indipendenza fino ad oggi e sono cittadini della Croazia che meritano rispetto.
Il presidente Josipović si e’ congratulato con la sua ospite kosovara per il progresso raggiunto nei negoziati con la Serbia e ha espresso speranza che le relazioni tra Belgrado e Priština potranno essere tra breve come quelle tra altri paesi. “La Croazia appoggia fortemente i negoziati in corso tra Kosovo e Serbia….questi negoziati che dovrebbero normalizzare pienamente le relazioni sono sicuramente una buona via verso l’Europa e speriamo che essi proseguano nello spirito di amicizia, collaborazione e visione di fiducia europea”, ha detto Josipović.
I due giorni in Kosovo, dove Josipović ha incontrato anche il premier kosovaro Hashim Thaqi e il presidente del Parlamento kosovaro Jakup Krasniqui, si sono conclusi con la visita al monastero Visoki Dečani, centro spirituale dei serbi, che loro stessi ritengono come culla della loro cultura e religione, attualmente sotto la protezione delle forze militari internazionali, vale a dire della KFOR. Come sottolineato dall’igumano Savo, la visita del presidente croato ha rappresentato un grande onore e felicita’ e si e’ detto fiducioso che con un comune impegno si possono custodire i valori del patrimonio cristiano che da secoli esiste su questo territorio. “Crediamo che di fronte a noi ci sono tempi migliori in cui tutta la gente collaborera’ di piu’ e lavoreranno insieme per il benessere di tutti” ha detto l’igumano. La protezione di questo monastero e la collaborazione tra la Chiesa ortodossa serba e le autorita’ del Kosovo dimostrano che si puo’ andare avanti insieme e che l’ottimismo puo’ vincere il pesimismo, ha detto il presidente croato dicendosi convinto che l’intera area diventera’ un luogo di pace e di collaborazione per una vita comune.

Il testo è tratto dalla trascrizione della corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 12 settembre 2013 a Radio Radicale.

PASSAGGIO IN ONDA

E' on-line la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 12 settembre. 
La trasmissione e' ascoltabile direttamente qui oppure sul sito di Radio Radicale.



Sommario della trasmissione

Albania: dopo aver formato il nuovo governo, il leader socialista Edi Rama ha presentato il suo programma in vista del dibattito parlamentare; il neo premier la prossima settimana sarà a Bruxelles per un incontro con i vertici Ue. 

Ucraina: il paese e' a un bivio nella scelta tra Unione europea e Russia, intanto incassa l'appoggio della Croazia per l'integrazione europea. 

Bosnia: due europarlamentari croati chiedono alla Commissione europea di intervenire per il rispetto dei diritti dei cittadini bosniaci di etnia croata. 

Kosovo: il nuovo positivo round di colloqui tra il premier serbo Ivica Dacic e quello kosovaro Hashim Thaci; il contenzioso doganale con la Macedonia; la visita ufficiale del presidente croato Ivo Josipovic. 

Turchia: le proteste di piazza di questi giorni sembrano annunciare un autunno piuttosto caldo per il premier Recep Tayyip Erdogan e per il suo partito Akp.

Qui di seguito la registrazione integrale della trasmissione




mercoledì 11 settembre 2013

L'11 SETTEMBRE DI SIMON TECCO

Simon Tecco (Foto Pop Tv)
L'11 settembre di quarant’anni fa la democrazia in Cile fu stroncata da un golpe militare. Dopo aver eliminato il presidente eletto Salvador Allende e azzerato le istituzioni legittime, i militari misero in atto una repressione durissima contro gli oppositori politici. Molti furono torturati, uccisi, i "desaparecidos" furono migliaia. Tanti si rifugiarono nelle ambasciate dei Paesi democratici per cercare di salvarsi lasciando il Paese. Tra di essi c'era anche, Simon Tecco, che all’epoca dei fatti era un giovanissimo dirigente locale del MAPU, un partito di orientamento marxista che faceva parte del fronte di "Unidad popular" che aveva sostenuto il presidente Allende. Tecco è stato l’unico rifugiato cileno residente in Slovenia, dove è diventato giornalista del Dnevnik . Stefano Lusa di Radio Capodistria ha raccolto la sua testimonianza di quell’11 settembre 1973.

Simon Tecco racconta il suo 11 settembre
di Stefano Lusa per Radio Capodistria

“Quell’11 settembre la mia vita cambiò radicalmente. Mi alzai, lasciai la mia casa e non vi feci mai più ritorno. Finì, così, la mia vita in quella società. Cominciai un’avventura, in parte tragica della mia vita, per la perdita tanti amici e conoscenti. Sono andato per il mondo e ho lasciato il Cile. Ci sono poi tornato solo come turista tanto tempo dopo, nel 2000.
Inizialmente nessuno pensava che la repressione potesse essere così dura, ma presto ci cominciammo a chiedere come fuggire dal paese. L’imperativo era scappare e così abbiamo fatto. 
Ho avuto la fortuna di poter lasciare il Cile il 30 dicembre 1973. Mi ero rifugiato nell’ambasciata svedese, poi grazie all’ambasciata italiana, sono finito a Roma. Uscire dal Cile, comunque, non fu facile, ma alla fine arrivò il giorno della partenza. 
Il funzionario d’ambasciata mi portò alla macchina tenendomi per il braccio, se mi avesse mollato i militari avrebbero potuto arrestarmi. Fu così fino al momento dell’imbarco. A quel punto venni lasicato al mio destino e, insieme agli altri esuli politici, dovetti percorrere l’ultimo tratto per arrivare all’aereo. Passammo a piedi tra una colonna di militari, dove un ufficiale - e questo lo ricordano tutti quelli che abbandonarono così il Cile - continuava ad urlare che avrebbe aperto il fuoco contro chiunque avesse fatto un gesto o si fosse girato. In quel moneto non sapevamo se saremmo riusciti a percorrere quei pochi metri che ci separavano dalla libertà. Alla fine salimmo sull’aereo, ma la paura non era finita. Il velivolo doveva fare scalo in Argentina.
All’aeroporto di Buenos Aires la polizia fece scendere noi rifugiati e ci rinchiuse per un ora in uno stanziano. Non sapevamo che fine avremmo fatto, la paura era di salire su un aereo che ci avrebbe riportato in Cile, ma alla fine ma ci ritrovammo su quello in partenza per l’Europa. Così, io, arrivai a Roma e l’accoglienza fu straordinaria.
Come gli altri profughi arrivai con quello che avevo addosso. Penso fossero ancora i pantaloni e la camicia con cui uscii di casa l’11 settembre. Fu il mio primo giorno di libertà, dopo mesi passati all’interno di una ambasciata.
Da quel momento cominciò un'altra pagina della mia vita, che mi portò nell’allora Jugoslavia, dove venni a studiare, grazie ad una borsa di studio.
Arrivai a Lubiana, mi feci una famiglia, mi fu vietato di tornare in Cile sino al 1987, poi, il divieto fu revocato, ma a quel tempo non era ancora sicuro tornare, qualcuno lo fece e sparì. La repressione era ancora fortissima. Tornai nel 2000. Trovai un paese completamente cambiato, molto diverso, modernizzato, ma in cui continuavano ad esistere due società: una ricca occidentalizzata, per forme e ritmi di vita, ed un'altra che lavora per mantenerla. Il Cile ora è ancora una società che sente tutto il peso delle politiche neoliberiste e che oggi, soprattutto i giovani, cercano di sovvertire, per cercare di tornare ad una democrazia ed ad uno stato normale”.

lunedì 9 settembre 2013

TURCHIA DI NUOVO IN PIAZZA: SI PREPARA UN AUTUNNO CALDO

La ritorsione contro la Siria, dopo la strage di civili con armi chimiche del 21 agosto, che solo pochi giorni fa sembrava questione di ore, sembra al momento non più così imminente, ma intanto la disponibilità della Turchia a partecipare ad un'azione militare a fianco degli Stati Uniti ha riacceso la scorsa settimana le proteste contro il governo di Recep Tayyip Erdogan, interrotte nel mese di agosto dopo due mesi di manifestazioni quasi quotidiane, soprattutto a Istanbul. Il Partito della democrazia e della pace (Bdp), il partito filo-curdo che siede nel Parlamento di Ankara, ai primi di settembre ha portato decine di miglia di persone in piazza in tutto il Paese in occasione della giornata mondiale della pace raccogliendo l'appoggio dai partiti della sinistra. I cortei maggiori, con momenti di tensione e vari incidenti, si sono svolti a Diyarbakir, Van e Istanbul, dove i manifestanti hanno cercato di formare una catena umana per disegnare un grande simbolo della pace. A piazza Taksim le forze dell'ordine hanno impedito la manifestazione facendo più volte uso di lacrimogeni e idranti. Il Gezi Parki, intanto, era stato chiuso per evitare che divenisse l'epicentro di nuove proteste. Dall'inizio del campionato di calcio, inoltre, i tifosi hanno approfittato delle partite per scandire slogan a favore del movimento “Occupy Gezi” nonostante le minacce del ministro degli interni Guler che ad agosto aveva avvertito che non sarebbero stati tollerati “slogan a sfondo ideologico e politico". In agitazione anche gli studenti universitari ad Ankara per contrastare i progetti del comune che prevedono l'abbattimento di molti alberi dentro e fuori dal campus dell'Università tecnica del Medio Oriente (Metu), uno dei più ampi spazi verdi della capitale turca, per la costruzione di una strada.

Nonostante le iniziative del governo per prevenire nuove proteste , l'autunno in arrivo sembra preannunciarsi piuttosto caldo e la possibile partecipazione turca ad un'azione militare contro Damasco rischia di dare nuovo slancio al movimento “Occupy Gezi” fornendo nuovi argomenti e favorendo l'allargamento del fronte di coloro che per vari motivi, e magari partendo da posizioni politiche e ideali assai distanti tra loro, trovano però ragioni convergenti nell'opporsi al governo Erdogan. Per impedire che le manifestazioni di Ankara si diffondano nelle altre università del Paese, il ministro degli Interni Guler ha emesso una circolare che invita prefetti e accademici ad alzare la guardia affinché non si verifichino contestazioni a esponenti del governo o parlamentari in visita negli atenei. Con un occhio alle elezioni amministrative del marzo 2014 lo stesso premier Erdogan è tornato a scagliarsi di nuovo contro gli attivisti pro-Gezi come aveva fatto all'inizio delle manifestazioni. "Il futuro della Turchia sarà determinato solo dalla gente e e dalle urne e non da coloro che fanno terrorismo per le strade, né dai mercati, né dai media, né dai social media", ha detto il primo ministro giorni fa nel corso di un evento pubblico ad Ankara, affermando che "nessuno ha parlato delle centinaia di poliziotti feriti, che sono intervenuti con attenzione a ogni tipo di vandalismo e di violenza".

Erdogan ha poi reiterato le sue critiche a quella che ha definito la "lobby dei tassi d'interesse", sostenendo che "l'occidente non vuole una Turchia sviluppata dal punto di vista economico" e rincarando la dose con un attacco durissimo all'Unione Europea accusata di condurre, con "alcuni
altri ambienti" non meglio identificati, una "campagna diffamatoria" contro il governo turco. In una
conferenza ad Ankara, il premier turco ha accusato in blocco i 28 Paesi membri dell'Ue di diffondere informazioni distorte per alterare l'orientamento dell'opinione pubblica sulla Turchia e sui progressi compiuti negli ultimi anni nel campo dei diritti umani. Facendo un riferimento preciso all'uso di gas lacrimogeni contro i manifestanti di Gezi Park, lo scorso giugno, Erdogan ha sostenuto che i poliziotti turchi sono stati picchiati e che nonostante questo molti di loro hanno agito in modo tollerante fino all'ultimo, aggiungendo che i gas lacrimogeni impiegati per reprimere le manifestazioni di piazza esistono già nell'acquis comunitario dell'Ue". Quanto agli arresti e ai processi di giornalisti, per Erdogan l'opinione pubblica europea e mondiale è stata disinformata in modo sistematico da quegli stessi ambienti che stanno ora informando il mondo in modo distorto sulla questione della libertà di espressione in Turchia. Il premier continua a godere di un ampio appoggio popolare, ma in vista delle elezioni di marzo ha deciso di portarsi avanti con il lavoro.

DOMENICO QUIRICO E' LIBERO

Domenico Quirico, l'inviato della Stampa rapito 5 mesi fa in Siria, è stato liberato ed è rientrato nella tarda serata di ieri in Italia, su un Falcon dell'Aeronautica militare atterrato a Ciampino poco dopo la mezzanotte. Oltre a Quirico è stato liberato il cittadino belga Pier Piccinin, che era stato sequestrato con il giornalista italiano. A dare la notizia è stato il direttore del quotidiano torinese, Mario Calabresi, con un tweet postato verso le 21 e 25: "Domenico Quirico è un uomo libero". Ad accoglierlo a Ciampino c'era il ministro degli Esteri Emma Bonino. Quirico, che è apparso provato, ma in buone condizioni ha concesso qualche minuto ai giornalisti presenti dicendo di essere stato trattato "non bene" e ammettendo di aver avuto paura per la sua sorte. "Ho cercato di raccontare la rivoluzione siriana e le sue sofferenze. Può essere che questa mi abbia tradito. Non è più la rivoluzione laica di Aleppo, è diventata un'altra cosa, molto complessa, molto pericolosa", ha detto ancora l'inviato della Stampa. Le due figlie Eleonora e Metella, lo scorso 1 giugno, avevano diffuso un appello video per chiedere il rilascio del padre che era stato trasmesse dalle televisioni del mondo arabo. Qualche giorni dopo, il 6 giugno, Quirico aveva fatto una breve telefonata alla famiglia e aveva detto di star bene, ma poi i contatti si erano interrotti. A chi gli chiedeva se avesse saputo della veglia di digiuno del Papa per la Siria, Quirico ha detto di aver vissuto in questi 153 giorni "come su Marte". A malapena ha detto di aver saputo che in Italia Giorgio Napolitano era stato eletto di nuovo presidente della Repubblica.

La dichiarazione ufficiale del ministro degli Esteri, Emma Bonino
"La notizia della liberazione di Domenico Quirico mi riempie di grande gioia e di soddisfazione. Il mio pensiero va prima di tutto ai parenti che potranno finalmente riabbracciare Quirico dopo tanti mesi e numerosi momenti di ansia". Lo afferma il ministro degli Esteri Emma Bonino.
"Il mio ringraziamento va a chi ha contribuito sostanzialmente al felice esito della vicenda: la Farnesina e la sua Unita' di Crisi, gli altri apparati dello Stato che insieme hanno con grande determinazione seguito ogni possibile canale per portare a soluzione un caso particolarmente complicato in un contesto ambientale cosi difficile come quello siriano", aggiunge Bonino.
"La liberazione del giornalista e' anche una bellissima notizia per tutti i rappresentanti dei media che rischiano la vita sui fronti di guerra per raccontare la verita' in situazioni estreme", conclude il ministro.

Da RadioRadicale.It: l'arrivo di Domenico Quirico a Ciampino accolto dal ministro Emma Bonino e le prime dichiarazioni (riprese di Stefano Marrella)

mercoledì 4 settembre 2013

PASSAGGIO (DI NUOVO) IN ONDA

Dopo una pausa piuttosto lunga da giovedì 5 settembre torna in onda "Passaggio a Sud Est", il settimanale di Radio Radicale dedicato alla realtà politica dell'Europa su orientale dai balcani alla Turchia. Stessa collocazione il giovedì alle 6,20 del mattino, stessa durata di 55 minuti, stessa redazione: la trasmissione è curata e condotta da Roberto Spagnoli con la collaborazione dei corrispondenti Marina Szikora e Artur Nura. E soprattutto stesso interesse per questa area vasta e piena di contrasti, dalla storia affascinante e dal presente complesso e contradditorio ma anche pieno di possibilità. Il tutto nella prospettiva dell'integrazione europea, in una Europa che sia finalmente un'Unione di popoli, di culture e di futuro.

"Passaggio a Sud Est" è in onda ogni giovedì alle 6,20 del mattino sulle frequenze di Radio Radicale e online in ogni momento su RadioRadicale.it