mercoledì 24 novembre 2010

NATO: LA MACEDONIA RESTA ALLA PORTA

Di solito si dice "nessuna notizia, buona notizia", ma per l'adesione della Macedonia alla NATO da Lisbona non è vanuta nessuna buona notizia. La storia è lunga: senza andare indetro nei secoli basta ricordare che dalla sua indipendenza, nel 1991, la Macedonia si vede bloccare l'apertura dei negoziati per l'adesione all'UE e alla NATO dalla Grecia che non vuole che l'ex repubblica jugoslava si chiami semplicemente Macedonia. Una soluzione temporanea fu trovata nel 1993 con il nome provvisorio di "Ex-repubblica jugoslava di Macedonia" (il cui acronimo anglofono suona come FYROM). In questo modo Skopje potè entrare alle Nazioni Unite e ad avviare i colloqui di pre-adesione con l'Unione Europea e la NATO. Tuttavia, diciannove anni dopo la sua indipendenza, la Macedonia rimane in attesa.
Potrebbe sembrare una questione di poco conto ma la contesa tra Skopje e Atene potrebbe mettere a rischio la stabilità del Paese e di tutti i Balcani. L'assenza di una soluzione duratura ha un impatto negativo sulla percezione esterna del Paese e sulla fiducia degli investitori esteri. Come il resto della regione, la Macedonia è stata colpita duramente dalla crisi economica. La ripresa economica resta fragile e il perdurare della crisi potrebbe compromettere l'attuazione delle riforme politiche necessarie per soddisfare i criteri di Copenaghen richiesti per l'ngresso nell'UE.
La situazione incoraggia anche il nazionalismo etnico e pregiudica la stabilità politica del Paese che conta una grande minoranza albanese, pari al 25% della popolazione totale (si ricordi che nel 2001 una insurrezione armata degli albanesi, bloccata rapidamente dalla comunità internazionale minacciò seriamente l'integrità della Macedonia e rischiò di far riesplodere i conflitti nella regione).
Solo la prospettiva di integrazione nell'Alleanza atlantica e nell'Unione Europea può tenere insieme le due comunità, mentre la mancanza di una data certa per l'apertura dei negoziati di adesione alla NATO e all'UE, potrebbe a lungo andare spingere i dirigenti albanesi a irrigidire la propria posizione con la richiesta di una maggiore autonomia o di una confederazione con i macedoni slavi o in ultima istanza, con la secessione dell'etnia albanese che avrebbe effetti incontrollabili sul resto delle aree a maggioranza albanese.
Il veto che la Grecia continua ad esercitare contro la Macedonia rischia quindi di far deragliare tutta la strategia della NATO e dell'Unione Europea per stabilizzare i Balcani. Il processo di allargamento e di integrazione è stato finora il principale strumento per assicurare la sostenibilità dell'integrazione della regione in Europa. Dopo l'indipendenza, la Macedonia ha fatto dell'adesione alla NATO e all'UE una priorità della sua politica internazionale. Dopo l'apertura di relazioni dirette tra Skopje e Bruxelles nel dicembre 1995, è venuto l'accordo di stabilizzazione ed associazione firmato nel 2001 e lo status di "paese candidato" concesso nel 2005. Allo stesso modo, la Macedonia è stata - dopo l'Albania - il primo paese della regione ad aderire al "Partenariato per la pace" nel 1995 e il Piano d'azione per l'integrazione nella NATO nel 1999. Tuttavia, a causa della regola dell'unanimità in materia di adesione, alla Macedonia non è stato permesso di avanzare nel processo di adesione auroatlantica. L'intransigenza greca ha finito per rimettere in discussione la credibilità delle strutture euro-atlantiche.
Una possibilità si è aperta con l'arrivo ad Atene del governo socialista di George Papandreou (che si è mostrato subito più disponibile del precedente esecutivo di centro-destra) e soprattutto con l'esplosione della crisi del debito del greco. L'assistenza finanziaria fornita dagli Stati membri dell'Unione Europea, offre l'opportunità di fare pressioni sul governo greco perché faccia alcune concessioni verso un compromesso accettabile dalle due parti. Ma nello stesso tempo, il raffreddamento del processo di allargamento e il resplodere della crisi a causa della situazione irlandese potrebbe costringere Bruxelles a tenere la questione in stand-by, così come la NATO ha al momento altre priorità sul tavolo da risolvere piuttosto che occuparsi del piccolo Paese balcanico.


Sull'argomento segnalo l'interessante articolo (in francese) di Loïc Poulain sul portale del Courrier des Balkans da cui ho tratto questo post e (sempre in francese) il dossier Macedonia/Grecia: l'interminabile conflitto del nome
                                                           
                               

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